giovedì 10 maggio 2012

A TESTA ALTA

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 Come dice il grande Massimo Gramellini, "La scelta di togliersi la vita attiene a una zona insondabile del cuore umano che ha a che fare con la fragilità, il dolore, la paura: mondi troppo profondi per farne oggetto di gargarismi politici."

 E certo non ci si può neppure lontanamente fare un'idea della vera motivazione che singolarmente può aver spinto queste persone, chiaramente in grave difficoltà economica, a compiere un gesto tanto estremo.
 Volendo però fare un quadro più generale, su quella che è una "fragilità" piuttosto diffusa nella nostra società, mi sento di affermare - scatenando probabilmente un vespaio di polemiche - che accanto ad una tragica crisi economica, vi sia una forse ancor peggiore crisi dei valori.
 Le difficoltà economiche possono essere devastanti, ma la "paura" di fondo dovrebbe essere quella di non potersi nutrire e di non poter nutrire la propria famiglia, di non potersi curare e di non poter curare la propria famiglia; tutti aspetti radicalmente legati alla vita stessa, che di per sé quindi escludono il desiderio di togliersela.
 Mentre per troppe persone la vita non val più la pena di essere vissuta nel momento in cui non ci si possono più permettere le ferie, l'auto bella, l'ultimo modello di telefonino, il televisore ultra-piatto, etc...
 Ci si sente uomini privi di dignità umana perché - fra l'altro non per proprie colpe, ma per colpa di chi ci governa e ci sfrutta - non ci si può più permettere lo stesso stile di vita.
 E nel nostro stesso piccolo mondo, sotto lo stesso cielo, c'è chi quotidianamente lotta tenacemente attaccato alla vita, in attesa di un bicchiere d'acqua pulita con cui dissetarsi, simbolo di speranza per un altro giorno ancora.

 Intendiamoci: quella che stiamo vivendo è una crisi INACCETTABILE, perché troppe famiglie faticano ad arrivare a fine mese e si ritrovano a dover risparmiare persino sul mangiare, quando ormai è chiara l'importanza del cibo di qualità sulla salute!
 Per non parlare delle disumane difficoltà (a volte vera e propria mancanza di possibilità) di curarsi da parte dei ceti meno abbienti.
 Ed in ogni caso è assolutamente ingiusto che tutti noi, che passiamo la vita lavorando, dobbiamo privarci dei piccoli sfizi superflui che rendono la vita più bella, quando c'è chi - a partire da coloro che ci governano - magari solo di pensione prende in un mese prende la corrispondenza di un intero anno di stipendi lordi di molti di noi!

 Detto ciò, è importante che ciascuno di noi si ricordi che chi deve vergognarsi, chi davvero perde la dignità umana, non è il dipendente che viene licenziato e non riesce più a mantenere la sua famiglia; non è il piccolo imprenditore che si ritrova ad affrontare una crisi più grande di lui, non provocata da lui, a licenziare il personale, e magari a dichiarare fallimento.
 A doversi vergognare sono i veri ricchi - coloro che anche 'sta volta sono immuni dalla crisi e dalle manovre finanziarie, dai sacrifici che vengono richiesti sempre solo ai soliti - che su questa crisi speculano e si arricchiscono ulteriormente.
 E' contro di loro che tutti noi, uomini e donne onesti e per questo troppo sovente penalizzati nel mondo del lavoro, abbiamo i dovere di combattere; a testa alta.

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