sabato 12 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 13esima puntata


 Non sottovaluterà più quell'allampanato frate. Quando gli ha offerto un po' del suo liquore, non si aspettava tanta prontezza nell'essere riconosciuta, tanta rapidità nel far ricorso al Crocifisso.
 Mater Bibendum si affretta a far ritorno alla sua dimora, mimetizzata in una grotta all'ombra di una quercia centenaria.
 Ha appuntamento con “la Gazza”; la bella ragazza che ha rapito quand'era ancora in fasce, ora diventata una giovane donna di algida bellezza. Potrebbe davvero essere sua figlia, pensa compiaciuta.
  Ricorda ancora il giorno di ventitré anni addietro, quando l'ha strappata dalle braccia della mamma disperata. Quella donna non sapeva, non saprà mai, ma lei sì, l'alcool rigettato quella mattina all'alba le aveva rivelato tutto, quella bambina era destinata a diventare la sua bambina mai nata, era destino che diventasse una strega.
  Solo una volta Mater Bibendum ha avuto paura di perderla.
Era un mattino di sole di quasi vent'anni fa. La piccola era fuori della grotta che si divertiva fra gli alberi e gli insetti, e lei l'aveva ammonita di non parlare con nessuno che le si fosse avvicinato; ma quando la piccola vide due sorelline – stranamente inoltratesi così nel bosco – avanzare verso di lei con un bambolotto, proprio non seppe resistere.
  Non aveva mai avuto giocattoli, i suoi unici giochi erano appunto gli alberi, gli animali del bosco e le strane pozioni della “madre”, da guardare con riverenza, guardare ma non toccare, finché non fosse stata considerata pronta.
  E non aveva neppure mai avuto amici: Mater Bibendum aveva paura che la bimba parlasse troppo, e in un niente l'Inquisizione le avrebbe scoperte e messe al rogo.

 Appena accortasi delle due nuove amichette della “figlia”, con un sortilegio fece loro dimenticare tutto e le teletrasportò alle loro case.
  Ma sua figlia, disperata, si mise a piangere e si scatenò in un'esasperata corsa per lo sterminato e folto bosco, alla ricerca di quelle due bambine simpatiche, e del loro bambolotto.
  Facendo nuovamente ricorso ai suoi poteri, Mater Bibendum trovò la piccola prima che si mettesse nei guai, e per guarire la sua disperazione la strinse a sé e cominciò a parlare con voce suadente, come se le stesse raccontando una favola:
  <<Ascoltami piccola mia, ancora non puoi capire tutto, ma tu sei una bambina speciale, e da grande diventerai esattamente come me, una donna speciale, una donna che tutti temeranno.
Però vedi, per le nostre virtù, il mondo ci isola, la gente che non è come noi, che non ha i nostri poteri, ci odia.
Ci sono uomini che si fregiano di perseguire la Santità e ci vogliono bruciare!
Ci sono uomini e donne che non ci penserebbero due volte a denunciare la nostra esistenza, per vederci condotte al rogo.>>
  <<Ma quelle bimbe erano brave! Erano simpatiche!>> _ protestò la piccola fra i singhiozzi.
<<Sono ancora bambine. Ma cresceranno, e anche loro proveranno per noi un misto fra invidia e paura, anche loro da grandi decideranno di denunciare le donne come noi. Fidati della tua mamma.
Ed ora quelle bambine sono tornate dalle loro famiglie, vuoi vederle?>> _ la piccola asserì col capo, ed un moto di meraviglia le illuminò lo sguardo.
  Mater Bibendum tornò nella grotta tenendola in braccio. A piccoli sorsi, velocemente, uno dopo l'altro, svuotò una grande ampolla contenente un liquore che lei stessa tutt'oggi distilla dall'erba che trova attorno alla grotta.
  La piccola aveva sempre un po' paura in questi frangenti: Mater Bibendum diventa strana, si mette a ridere istericamente, biascica la lingua e le sue parole non sono chiare.
  Alla fine, esausta, rigettò in una sfera, e piano piano il tutto prese forma _ <<Il bambolotto! Le bimbe!>> _ urlò di gioia la piccola, saltellando in braccio alla mamma, nel vedere le sue amichette ed il loro bambolotto.
  <<Io non ho mai avuto un bambolotto!>> _ si girò a guardar negli occhi la mamma, tornata in sé dopo il rito.
<<Piccola, la tua mamma ti può dare molto di più di un bambolotto!
Però mi devi fare una promessa:>> _ le disse, penetrandola con i suoi occhi di ghiaccio _ <<cosa desidereresti di più in questo momento?>>
  Vista da fuori la loro sembrava una comune grotta, ma dall'interno era come vivere in una grotta di cristallo, potevano ammirare tutto il bosco intorno a loro. Proprio in quel momento una splendida gazza ladra sorvolò la loro dimora, e la piccola disse:
  <<Vorrei essere come quell'uccello e volare da quelle bambine!>>
<<Se mi prometti che sarai sempre fedele ai miei insegnamenti, che obbedirai ai miei ordini fin quando avrai bisogno di essere guidata da me, realizzerò questo tuo desiderio.
Avrai il potere di trasformarti in quella splendida gazza ladra tutte le volte che ne avrai bisogno, ed ora potrai andare a far visita a quelle bambine, senza però farti riconoscere.>>
  Gli occhi della piccola erano sempre più spalancati dalla meraviglia, e da quel momento Mater Bibendum seppe che l'avrebbe avuta in suo potere per sempre, la miglior alleata per i suoi malefici in tutti gli anni a venire.
  <<Allora, sei pronta?>> _ un cenno del capo, e la piccola divenne una splendida gazza ladra, pronta ad andare a salutare le sue amichette.
  Nel vederla, le due sorelline furono meravigliate: non si ricordavano dell'incontro nel bosco, quindi non poterono riconoscerla, ma furono felici di vedere quella bella gazza ladra andare a giocare con loro.
  La piccola non lo sapeva, e tutt'oggi non se ne rende conto, ma regalare un sorriso a quelle due bambine, fu il suo ultimo gesto buono, prima di una vita da strega.

 Da quel lontano giorno, di bosco in bosco, di grotta in grotta, Mater Bibendum e “la Gazza” si sono più volte trasferite ai margini dei villaggi sempre scelti da Mater Bibendum per compiere i suoi sortilegi.
  Ora lei ed altre due streghe hanno deciso di attaccare il Borgo lì vicino, dove i Monastero ha un influsso decisivo sulla popolazione, ed i paesani cominciano a capire gli errori della Santa Inquisizione, ma grazie ai retti esempi dei Frati sanno di voler seguire la parola di Dio, e vogliono combattere il diavolo.
  Gente pericolosa.
Mater Bibendum ha incaricato “la Gazza” di recuperare da ogni abitazione del Villaggio un goccio di vino, ed ora la sta aspettando col bottino.

venerdì 11 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 12esima puntata


  Nonostante il freddo eccezionale Frate Elia – forte della consapevolezza della grande importanza rivestita dalla missione per cui è stato scelto – vive vagando ormai da giorni unicamente nelle zone boschive di quelle colline.
  Dorme su giacigli improvvisati, e solo raramente gli è capitato di approfittare dell'ospitalità di qualche abitante isolato.
  Ha ormai perso la sua precisa collocazione rispetto al suo Borgo, va errando e pregando in attesa, in cerca di un segnale più preciso che lo illumini sulla missione da compiere.
  La divina provvidenza ha finora voluto che gli sia stata fatta elemosina di carne salata, un po' di pane secco, ed una coperta, ed è tutto ciò che possiede.
  Mangia poco e senza appetito, lo sguardo è sempre più allucinato e comincia a risultare spaventoso, con quegli occhi arrossati e lucidi di sgomento e dolore; inoltre il tic nervoso alla testa non vuol saperne di andarsene. Se non indossasse le vesti di monaco, potrebbe star certo che le poche persone che occasionalmente gli capita di incontrare lo prenderebbero per una creatura demoniaca.
  Dorme poco, ma si ferma sovente a sostare, tentando vanamente di riposare.
È proprio durante una di queste soste che la vede: bella, molto bella benché non più giovanissima, pelle di porcellana ed occhi color del ghiaccio che non si possono dimenticare, un ghiaccio che pare in grado di entrarti dentro e perforarti la mente.
   <<Buongiorno viandante>> _ lo saluta la donna con fare altero eppure conciliante. L'accento si presenta indubbiamente straniero, ma Frate Elia non è in grado di collocarne la provenienza. Nota che la donna veste piuttosto riccamente per il contesto ed il periodo.
  <<Hai freddo? Bevi questo, ti scalderà, e ti rimetterà in forze...>> _ le sue parole ed i suoi gesti dimostrano premura, mentre gli porge una piccola ampolla contenente un liquido giallastro che ha tutta l'aria di essere un liquore; ma il frate avverte che qualcosa non va, e alzandosi in piedi incrocia lo sguardo della donna, raggelando.
  Con una rapidità che non credeva d'avere rovista sotto al saio consumato ed estrae il Crocifisso, parandolo di fronte a lei:
  <<In nome di Nostro Signore, vade retro!>>
Un urlo lancinante accompagnato ad un balzo felino, e della donna resta solamente l'eco lontana di una risata, prima acuta e poi sempre più bassa, fino a sfociare in una voce maschile.

 Frate Elia si sveglia di soprassalto, col batticuore. Accanto a lui, nessuna traccia della donna dagli occhi di ghiaccio.
  “È stato solo un brutto sogno, Signore mio, ti ringrazio”.
Si alza per riprendere il cammino, ma a pochi passi da lui, sul muschio, la presenza di una piccola ampolla vuota gli gela il sangue nelle vene.

giovedì 10 maggio 2012

A TESTA ALTA

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41


 Come dice il grande Massimo Gramellini, "La scelta di togliersi la vita attiene a una zona insondabile del cuore umano che ha a che fare con la fragilità, il dolore, la paura: mondi troppo profondi per farne oggetto di gargarismi politici."

 E certo non ci si può neppure lontanamente fare un'idea della vera motivazione che singolarmente può aver spinto queste persone, chiaramente in grave difficoltà economica, a compiere un gesto tanto estremo.
 Volendo però fare un quadro più generale, su quella che è una "fragilità" piuttosto diffusa nella nostra società, mi sento di affermare - scatenando probabilmente un vespaio di polemiche - che accanto ad una tragica crisi economica, vi sia una forse ancor peggiore crisi dei valori.
 Le difficoltà economiche possono essere devastanti, ma la "paura" di fondo dovrebbe essere quella di non potersi nutrire e di non poter nutrire la propria famiglia, di non potersi curare e di non poter curare la propria famiglia; tutti aspetti radicalmente legati alla vita stessa, che di per sé quindi escludono il desiderio di togliersela.
 Mentre per troppe persone la vita non val più la pena di essere vissuta nel momento in cui non ci si possono più permettere le ferie, l'auto bella, l'ultimo modello di telefonino, il televisore ultra-piatto, etc...
 Ci si sente uomini privi di dignità umana perché - fra l'altro non per proprie colpe, ma per colpa di chi ci governa e ci sfrutta - non ci si può più permettere lo stesso stile di vita.
 E nel nostro stesso piccolo mondo, sotto lo stesso cielo, c'è chi quotidianamente lotta tenacemente attaccato alla vita, in attesa di un bicchiere d'acqua pulita con cui dissetarsi, simbolo di speranza per un altro giorno ancora.

 Intendiamoci: quella che stiamo vivendo è una crisi INACCETTABILE, perché troppe famiglie faticano ad arrivare a fine mese e si ritrovano a dover risparmiare persino sul mangiare, quando ormai è chiara l'importanza del cibo di qualità sulla salute!
 Per non parlare delle disumane difficoltà (a volte vera e propria mancanza di possibilità) di curarsi da parte dei ceti meno abbienti.
 Ed in ogni caso è assolutamente ingiusto che tutti noi, che passiamo la vita lavorando, dobbiamo privarci dei piccoli sfizi superflui che rendono la vita più bella, quando c'è chi - a partire da coloro che ci governano - magari solo di pensione prende in un mese prende la corrispondenza di un intero anno di stipendi lordi di molti di noi!

 Detto ciò, è importante che ciascuno di noi si ricordi che chi deve vergognarsi, chi davvero perde la dignità umana, non è il dipendente che viene licenziato e non riesce più a mantenere la sua famiglia; non è il piccolo imprenditore che si ritrova ad affrontare una crisi più grande di lui, non provocata da lui, a licenziare il personale, e magari a dichiarare fallimento.
 A doversi vergognare sono i veri ricchi - coloro che anche 'sta volta sono immuni dalla crisi e dalle manovre finanziarie, dai sacrifici che vengono richiesti sempre solo ai soliti - che su questa crisi speculano e si arricchiscono ulteriormente.
 E' contro di loro che tutti noi, uomini e donne onesti e per questo troppo sovente penalizzati nel mondo del lavoro, abbiamo i dovere di combattere; a testa alta.

mercoledì 9 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 11esima puntata


 Passano i giorni ma il clima non accenna a migliorare; ancora quel freddo che entra nelle ossa, si insinua traditore e non c'è porta adeguata a fornire un sufficiente riparo.
  La nebbia non accenna a voler lasciare il villaggio ed i suoi boschi, e per quei paesani già abitualmente spersi nel nulla, il mondo sembra non esistere più al di là del Borgo, dei boschi, e di quella spessa coltre di nebbia.

 Quanto accaduto alla taverna di Isabella è sulla bocca di tutti, e da quella volta Antonia non s'è più vista in paese, non si sa che fine abbia fatto.
  Si gela nella casupole come al castello, e tutti sono rintanati come topi, seduti attorno ai camini a chiacchierare, e l'argomento sulla bocca di tutti è quello.
  Contrariamente a quanto solitamente accade in quel paese pettegolo, per il suo passato di donna di solidi principi morali, cristiana fervente e moglie premurosa, Antonia gode di una certa indulgenza nei confronti del suo comportamento, sono quasi tutti pronti a scusarla e dare la colpa ad un attacco di pazzia, piuttosto che tacciarla come immonda peccatrice.
  Stregoneria? Nel proprio intimo, forse ciascuno ci sta pensando, ma un po' per affetto e un po' per evitare rogne, nessuno si prende la briga di parlarne esplicitamene.
  Hanno ancora tutti chiaro nella mente cos'è successo all'intero Borgo anni addietro, quando l'Inquisizione ha preso Pietro per interrogarlo, e non intendono certo rivivere quei momenti.
  Al Borgo, l'unico a nutrire ammirazione per la Santa Inquisizione è Padre Lanfranco, l'integerrimo sacerdote inviato a custodire quel gregge di anime.
  Tuona continuamente contro i peccati capitali, e non perde occasione per difendere e parlare con toni ridondanti ed entusiasti dei metodi e dell'attività “purificatrice” e “cara a Nostro Signore” dell'Inquisizione.
  In gioventù è stato anche lui inquisitore, e ha partecipato più volte ad interrogatori e torture. L'aria affabile e bonaria non deve trarre in inganno: dentro di lui si cela una personalità da bigotto sanguinario, pieno di curiose turbe psichiche.
  Ha visto rovinate le sue grandi ambizioni in ambiente ecclesiastico per l'aver pestato un po' troppo i piedi ad una potente famiglia di Torino, e si è ritrovato inesorabilmente spinto fuori dai grandi giochi di potere, relegato in quella piccola macchia di terra che non risulta neppure segnata sulle carte.
  Resta lì a predicare, senza che i parrocchiani lo ascoltino – per tutti lì la Chiesa è rappresentata unicamente dal Monastero e i suoi Frati – ma a lui poco importa: tiene gli occhi aperti, certo com'è che prima o poi arriverà per lui una nuova occasione, una fortuita scusa per andarsene.

 Dopo l'episodio di Antonia, la taverna lavora a pieno ritmo: tutti vogliono recarsi sul luogo del misfatto per saperne di più.
  E fra i paesani c'è anche chi nemmeno questa volta ha curiosità ed intenzioni bonarie: Pinin ed il suo gruppo di comari non frenano le loro lingue velenose neppure di fronte alle disavventure della brava Antonia.
  Prendono posto al tavolo, e Pinin sentenzia ad alta voce:
<<MA CHE MALEDISSIÒN E MALEDISSIÒN! I LAI SEMPRE DILO CHE CHÌLA LÌ A L'È NA
FOM-NA DA POCH! [Ma quale maledizione e maledizione! L'ho sempre detto io che è una donna che vale poco!]
E TI CIAM-LA STÙPIDA! A L'È PI FÙRBA CHE MI! [E chiamala stupida! È più furba di me!]>>
  Isabella ben conosce i suoi polli, il passato senza macchia di Antonia e la linguaccia malefica di Pinin, e ritiene che questa volta stia davvero esagerando, così la sbatte fuori del locale:
  <<VAT-NE A CÀ, BRÙTA CIOSPA! E RINGRASSIA CHE IT PÌJO NEN A SGIAFF! [Vattene a casa! E ringrazia che non ti do due schiaffi!]>>
  Il piccolo litigio diverte tutti i presenti, che stanno ancora un po' a ridere dell'accaduto e poi fanno ritorno alle loro case.
  Anche Fosco, alla maniera solita, si alza, paga Isabella e se ne va senza salutare, inoltrandosi nell'oscurità; nessuno sa dove abiti e nessuno se lo chiede.
  Semplicemente, per quanto misterioso, è una delle “facce da villaggio”, e tanto basta, a tutti.

 Frattanto, coi favori della nebbia, si aggira circospetta una figura diafana, una donna alta, magra e pallida, dai lunghi capelli corvini.
  Si muove furtiva e veloce, silenziosa come un'ombra. Un'occhiata dentro taverna le permette di capire chi è fuori casa, ed eccola, all'interno delle casupole, scattante e precisa come una gazza, e poi subito fuori, col bottino.

martedì 8 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 10ima puntata


 “OMMI, OMMI, OMMI...” nella testa ancora quella corsa a perdifiato, e le parole urlate da Antonia: “piccolo, vieni qui...io ti amo!”
  Gli occhioni azzurri strabuzzati, trafelato per la sfrenata corsa, entra nella casupola come una furia; e lì trova la sua Madama Mariuccia, come sempre seduta accanto al camino intenta a rimestare la zuppa nel paiolo.
  Dimessa, l'aria scialba e sciatta, con quella cuffia messa di sbieco la Mariuccia è così diversa da Antonia... Un pezzo del misero arredamento e poco più.
  I pensieri non gli concedono tregua, insinuandosi senza troppa fatica nella sua giovane mente semplice. “Antonia così bella, Antonia così indecente... Antonia con gli occhi neri come il carbone... E ancora Antonia che lascia intravvedere i seni...”

 Mariuccia sembra non avvedersi di nulla: come sempre lo guarda adorante e gli si avvicina con riverenza per servirgli la zuppa, aspettando – come segno di rispetto – che sia lui per primo a cominciare a mangiare.
  Mariuccia venera Enrico. Lei così modesta, discreta, convinta di avere avuto il dono di uno dei giovani più ambiti del villaggio.
  Quegli occhioni blu spalancati sul mondo che erano stati capaci di conquistare tante giovani, hanno infine inspiegabilmente deciso di posarsi su di lei, e non c'è giorno che lei non ringrazi il Signore per questo.
  Sopporta remissiva quando lui torna ubriaco dalla taverna, talvolta così tanto da non riuscire ad infilare la chiave nella toppa; ma per il resto il suo Ricu è così bravo, un lavoratore che non le ha mai fatto mancare niente.
  Ed il Signore, nella sua infinità bontà, le ha fatto un altro dono: Enrico non è stato ritenuto idoneo ai reclutamenti per le crociate, e così lei ha il raro privilegio di avere il suo uomo al suo fianco, e ben poco le importa che vi sia chi non consideri il fatto lusinghiero, Mariuccia è più che felice così.

 Solitamente la cena si svolge accompagnata dai corposi monologhi di Ricu, cui Mariuccia contribuisce unicamente asserendo di tanto in tanto con la testa; per il resto la sua partecipazione è fatta di adoranti sguardi silenziosi, convinta com'è di non avere nulla di interessante da dire ad un uomo come lui.
  Ma 'stasera anche lui consuma il pasto in silenzio e frettolosamente, e lei accetta, con amorevole rassegnazione.
  Finito di cenare, Ricu le dà un distratto bacio, e corre a coricarsi; lei lo raggiunge poco dopo.

 Il sonno non vuol saperne di arrivare: Antonia gli è entrata nella carne, nelle viscere, ed ora la sua immagine nella sua mente sembra aver preso padronanza anche del suo corpo, mentre la mano scivola verso zone proibite.
  “Signore, aiutami!” _ prega Enrico _ “Non voglio diventare cieco! Non voglio bruciare all'inferno! Non voglio finire sul rogo...o essere squartato sulla piazza, davanti a tutti! Ti prego Signore aiutami!”
  Una spaventosa sequenza di immagini si affaccia alla mente del povero Enrico, in disordinata successione: Antonia, il boia, i fulmini e la peste che lo avrebbe colto, lo scherno dei paesani... E poi ancora Antonia, ora nuda... Antonia che si accarezza i seni, Antonia che si scioglie i neri capelli...
  E intanto la sua mano che continua a muoversi, laggiù, anche se lui sa che non deve, ma la mano continua...
  Il cuore che aumenta i battiti, ancora, ancora... E poi, per una frazione di secondo, il terrore... E nella sua mente la certezza della prontezza del castigo di Dio.
  Non vede più nulla, tutto è nero dinnanzi a sé! Ma non gli riesce neppure gridare per chiedere aiuto.
  E' tutto buio e tutto troppo veloce. Ma non fa male, anzi. È un piacere mai provato prima, accade tutto in successione: un rantolo soffocato, il cuore che batte troppo forte e quella sensazione di bagnato, di appiccicoso, proprio lì, dove la mano non doveva andare.

 Certo, ha consumato il matrimonio con Mariuccia – che ora pare dormire ignara, stesa al suo fianco – ma mai prima d'ora il piacere è stato tanto intenso, così violento, così peccaminoso...
  Ha peccato di lussuria ed in maniera molto grave, e tutta la notte non basterà a fargli prender sonno.
  “Dio mio, cosa mi succederà ora?” si chiede piangendo silenziosamente.

 Non immagina che i problemi più grossi siano lì di fianco a lui, così vicini che gli basterebbe allungare una mano per toccarli. Mariuccia non stava dormendo.

lunedì 7 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 9na puntata


  Appena giunti nella piazza, Fra' Gismondo ed Anna si sorreggono l'un l'altra, increduli di fronte a quell'irriconoscibile Antonia, che appena li scorge corre loro incontro, con aria visibilmente sconvolta.
  <<Tesoro...!>> _ esclama abbracciando Anna _ <<Uh... Gismondo, Gismondo mio!>> _ prosegue poi, euforica, stropicciando con le mani le guance del frate, il quale si divincola dal suo tocco e la prende per le braccia, scuotendola, come per farla rinsavire.
  <<ANTONIA! ANTONIA! Ma cosa ti succede?!>> _ le urla.
<< IT SES M'NÙITA FOLA? [sei diventata scema?) CO IT DISIE A RICU? [cosa dicevi a Ricu?] >> _ la strattona Anna.
  Antonia sembra totalmente incurante delle loro reazioni, e prosegue a parlare allegra – non tralasciando di strusciarsi di tanto in tanto contro lo sgomento Fra' Gismondo; è pur sempre un uomo, e fra sé e sé mormora: “Dio, dammi la forza di non cadere in tentazione!”.
  <<Allora, come state tesori? Cosa mi raccontate?>> _ domanda l'”allegra” Antonia ai suoi amici, senza però dar loro neppure il tempo di rispondere nulla, e non appena Anna tenta di chiedere ulteriori chiarimenti in merito ad Enrico subito viene interrotta da un vortice di altri scabrosi racconti _ <<Oh ma sapeste, vi devo raccontare! Avete presente Aziz, quel bel moro, quella sua fisicità prorompente...>> _ nel parlarne Antonia si mordicchia il labbro inferiore e si infila una mano nella scollatura, allargandola ancora un po' _ <<L'altra sera, stava ormai facendo buio ed ero chiusa in casa, ma qualcosa mi deve aver rivelato la sua presenza, a pochi passi da me!
Dev'essere amore, cosa ne dite?>>

  A tratti Antonia pare quasi ingenua, e Fra' Gismondo con Anna si scambiano segni come a significare: “dev'esser diventata tutta matta!”
  <<...così sono uscita...>> _ prosegue Antonia nel suo farneticante e lascivo racconto _ <<e mi sono diretta verso quella macchia bianca nel nero della notte, il suo sorriso!
Non ci ho pensato un attimo a stringermi a lui, le mie labbra contro le sue labbra, la mia lingua intrecciata alla sua...quel suo odore, così selvatico, così eccitante!>> _ ora le espressioni dei suoi amici sono inorridite più ancora che spaventate, ma lei prosegue, dirompente _ <<L'ho trascinato nel fienile vicino, e lì ci siamo uniti, una prima volta e poi ancora una seconda!
E' stato fantastico, come se i nostri corpi si conoscessero da sempre!
Come se da tutta la vita, forse tutte le vite vissute in precedenza, aspettassimo solamente di incontrarci!!>>

 Udendo queste abominevoli parole , di sesso senza morale...e addirittura di reincarnazione, Anna fugge terrorizzata, e Fra' Gismondo si convince di non essere - quanto meno al momento – in grado di essere da solo d'aiuto per la sua amica perduta, così si vede costretto ad abbandonarla a se stessa per raggiungere di corsa la Cappella del Monastero, e pregare il Signore affinché lo illumini sulla via da seguire.

 <<Aspettate! Dove andate?!>> - si sorprende ad urlare sgomenta e sconsolata Antonia - <<Non vi ho ancora raccontato di Tebaldo! E' proprio un brigante, mi sta facendo soffrire...!>>

 Fra' Gismondo è ora concentrato in preghiera davanti al Crocifisso, quando ad un certo punto, come se accadesse al di sopra della sua volontà, gli sorge un dubbio: “E se Frate Elia avesse ragione? Se davvero loro fossero qui?”

sabato 5 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 8ava puntata


  Guardandosi intorno con fare spavaldo, Antonia entra nella locanda di Isabella, fra lo stupore generale.
  Seduto in un angolo a bere tutto solo, come consuetudine, c'è Fosco; l'unico che pare non prestare particolare attenzione al suo ingresso.
  Guance arrossate, voce roca ed un non so ché di languido ad avvolgere tutta la sua persona, Antonia si rivolge ad Isabella, che la guarda come si guarderebbe un fantasma: <<Dammi del vino, presto!>> _ le intima, stupendosi persino di se stessa.
  Nella locanda è calato un silenzio di tomba, tutti in attesa di vedere come proseguiranno le cose.
Isabella, data in sposa ad un uomo che prima o poi – se e quando il Signore lo vorrà – tornerà dalla Terra Santa, manda avanti da sempre, contando sulle sue sole forze, la taverna con caparbietà ed esperienza. I modi gentili, talvolta poco femminili, caratterizzano la sua gestione.
  Nella sua vita ne ha viste tante, ma mai prima d'ora le era capitato di restare tanto inebetita, pressoché incapace di pensare, di rendersi conto di cosa accada.
  La dolce Antonia, tutta casa e Chiesa, è al bancone che tracanna vino tutto d'un fiato, e senza vergogna alcuna – ma al contrario, con palesata intenzione – mette in mostra un seno ancora bellissimo. Nello sguardo e nel sorriso le si può leggere una malizia mai vista prima.
  Tutti gli avventori – tranne Fosco, che non perde occasione per farsi notare nella sua diversità dagli altri – sono ormai seriamente spaventati, riuniti vicini l'uno all'altro attorno al tavolo centrale, come per farsi forza.
  Con un sorriso beffardo e un gesto lascivo, Antonia scuote i neri capelli che le incorniciano il volto per cadere suadenti sulle spalle, si gira verso i clienti fino a che non è certa che gli uomini, uno per uno, non la stiano guardando con desiderio (persino Fosco, almeno per un istante, sembra cadere nella sua trappola) poi torna a rivolgersi ad Isabella: <<Dammene un altro>> _ e con un solo sorso svuota anche il secondo bicchiere di vino.
  Dopo aver lasciato una moneta sul bancone, ancheggiando scandalosamente si dirige verso l'uscita, ma prima di uscire reclina leggermente la testa all'indietro, e rivolgendosi ai loro volti sgomenti domanda divertita: <<Allora, avete visto il diavolo?>> _ e se ne va sempre ancheggiando, lasciando dietro sé solo il suono sinistro di una risata sguaiata e volgare, e la scia di un irresistibile profumo che nessuno di loro aveva mai sentito prima.
  Avendo assistito alla scena, fugge terrorizzato dalla taverna Enrico (per tutti i paesani semplicemente Ricu), con la solita espressione ebete stampata in volto, enfatizzata ora dagli occhi azzurri strabuzzati dalla paura e da quel malsano desiderio che Antonia ha instillato anche in lui.
  Corre via con gambe tremanti, e ogni quattro passi si gira indietro, verso quella donna divenuta in evidente potere del diavolo. Lei allora comincia a seguirlo, e con voce struggente gli grida: <<Ricu...Tesoro mio...Dai bambino! Vieni Enrico....IO TI AMO!!>>
  Chi la vedesse adesso, senza conoscerla, non potrebbe che credere alle sue parole; mentre quanti l'hanno udita, conoscendola, sono agghiacciati.

venerdì 4 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 7ima puntata


  Come accade due volte a settimana, le porte del Convento si aprono ai più poveri del Borgo per distribuire un piatto di polenta ciascuno, e Fra' Gismondo è come ogni volta in prima persona impegnato in quest'attività.
  Di norma, al piatto rifocillante, sa accompagnare una battuta ed un sorriso in grado di scaldare i cuori di quella povera gente; ma non oggi.
  Le gambe lo reggono in piedi a stento, le braccia paiono pesanti, e le profonde occhiaie denunciano la notte passata insonne a pregare: per l'adorato confratello Frate Elia, che ancora non ha fatto ritorno al Convento, affinché il Signore ne abbia riguardo; e poi per se stesso, perché il Signore gli perdoni quel suo non sapersi totalmente rimettere alla sua volontà, senza paure.

 Scorrono il tempo ed i volti affamati dinnanzi a lui, ma ancora non s'è vista la sua amica Antonia.
Sono amici dalla prima infanzia e quando, durante l'adolescenza, lui ha scoperto la vocazione, ne è diventato il Padre Spirituale, al quale lei si confida in ogni momento.
  E lei la sua più cara amica, il suo più grande affetto al di fuori del Convento.
Anche a Gismondo è capitato di aver bisogno di confidarsi con Antonia, e ha sempre trovato in lei una donna comprensiva dall'animo puro, totalmente devota al marito.
  Antonia, nonostante il duro lavoro in casa, ad occuparsi dell'anziana madre e dell'anziana suocera – spesso sola ad occuparsi anche delle faccende “da uomo”, quando il marito è in battaglia – non ha mai smesso di collaborare attivamente con le attività benefiche del Convento che richiedano un aiuto esterno.
  Oggi è uno di quei giorni in cui Fra' Gismondo avrebbe particolarmente bisogno di confidarsi e di cercar conforto ai suoi timori fra le parole delle sua amica d'infanzia, l'unica amica che certamente non andrebbe a far segnalazioni alla Santa Inquisizione.
  Ma ecco arrivare trafelata Anna – la vicina di Antonia, nonché anche lei sua cara amica – a portare brutte notizie:
  <<Fra' Gismondo! Fra' Gismondo!>> _ <<Dimmi figliuola, cosa c'è?>> _ risponde affettuoso, mentre pensa che in realtà oggi non si sente proprio in grado di accollarsi altri problemi.
  <<Si tratta di Antonia!>>
<<In effetti non l'ho ancora vista oggi, le è successo qualcosa?>> _ domanda, più che mai preoccupato.
  <<Seguitemi, venite con me! Se ve lo dicessi solo a parole non mi credereste.>>

giovedì 3 maggio 2012

SCENE DA BAR

 Otto e un quarto del mattino.
Con aria pasciuta un uomo si dirige verso la vetrinetta delle brioches, avete presente quell'esplosivo mix di grassi idrogenati e zuccheri non meglio definiti?
 E domanda al barista: <<Con la nutella?>>
<<Questa qua dietro, gliela prendo io>>.
 Chiunque faccia anche solo uno sporadico uso di queste paste da bar, sa bene che il (buon) triangolo con la nutella è la specie più malefica, quello che si avverte più "pesante" e calorico a partire dall'impasto!
 Il signore soddisfatto si siede al tavolo col suo polposo, saporito triangolo alla nutella, e quando gli servono il caffè chiede: <<Ce l'ha il dolcificante?>>

 A volte la gente è strana.

mercoledì 2 maggio 2012

MESSAGGIO DELLA VEGGENTE MIRJANA, del 2 maggio 2012

http://www.paolobrosio.it/content/?p=8270

 Mi piacerebbe tanto una volta fare un pellegrinaggio a Medjugorje, è una cosa che mi sento dentro; io, credente, ma solitamente "lontana" dai pellegrinaggi.
 Ne sono convinta, come mi ha fatto anche notare una mia amica, che il segreto in realtà stia nel saper spalancare le porte del nostro cuore a Maria e a Gesù, perché loro sono disposti a raggiungerci ovunque, dove noi siamo. Neppure ci chiedono di andare fino a loro, vengono loro da noi, se solo siamo disposti ad accoglierli.
 Però nel mio intimo sento che un pellegrinaggio a Medjugorje mi aiuterebbe, forse mi servirebbe proprio a rendere il mio cuore più accogliente.

 E voi? Cosa ne pensate?

GOTICO PIEMONTESE - 6sta puntata


  Fra' Gismondo è seriamente preoccupato.
Frate Elia è un'altra volta preda dei suoi vaneggiamenti, ma questa volta non sembra voler tornare in sé; non basta mettergli un braccio sulla spalla e ricondurlo al Convento.
  Continua a parlare fra sé, ora piano, ora ad alta voce: <<Loro sono arrivate, sono qui... Nessuno è al sicuro!>>
  E' ridotto talmente male che persino la sua proverbiale, eccessiva magrezza, passa in secondo piano, rispetto agli occhi spalancati e vitrei ed un nuovo tic che gli fa scattare in avanti la testa come fosse un piccione intento a razzolare il terreno.
  Nonostante il freddo pungente suda vistosamente, ed il suo familiare pallore ha lasciato il posto ad un volto febbrile ed arrossato; in effetti la sua fronte scotta!
  Fra' Gismondo è intimamente scosso, mentre pensa pensa ma non gli riesce di trovare una soluzione possibile: di certo Frate Elia non può rientrare al Convento in quelle condizioni, sarebbe una catastrofe!
  Anche solo per la tranquillità degli altri monaci, il Frate Superiore provvederebbe immediatamente a consegnarlo alle autorità ecclesiastiche, affinché ci possano vedere chiaro. Ma così il suo fratello prediletto sarebbe perduto.
  <<Torna in te, per la misericordia!>> gli si rivolge poi, ormai piangendo e stringendolo più forte a sé. E' l'imbrunire, e due frati che non facciano ritorno al Convento rappresentano di per sé un allarme.
  Pare debba accadere un miracolo: all'udire di queste parole disperate Frate Elia si scuote dal suo abbraccio ed i suoi occhi si fanno vivi e limpidi, ma dalla sua bocca escono le parole che Fra' Gismondo non avrebbe mai voluto udire; parole pronunciate con un'autorevolezza di evidente provenienza superiore, alle quali è tuttavia impossibile disobbedire _ <<Lasciami qui, fratello. Nostro Signore ha scelto me, ed io non posso rifiutare il suo volere. Me la caverò, solo io posso fermarle. Lasciami qui e ricorda che ti ho voluto bene.>>

martedì 1 maggio 2012

GOTICO PIEMONTESE - 5nta puntata


 Antonia avanza veloce per fuggire a quello sguardo; o meglio, questa è la sua volontà, la sua percezione.
  In realtà è immobile davanti agli occhi – ora paglierini ed ora rosso fuoco – di quella donna che con voce bassa eppure possente, usando una cadenza ripetitiva, le si rivolge in una lingua sconosciuta e la trattiene inconsapevole dinnanzi a sé, in una sorta di trance.
  <<ABI – ACCLÀ – UBI – IMILU ABI - ACCLÀ - UBI IMILU ABI – ACCLÀ – UBI – IMILU...>>

 Antonia si ritrova al villaggio, ancora scossa e con le gambe malferme, senza però avere idea del perché.
  Rammenta solo che ad un certo punto, in mezzo al bosco sulla via del ritorno, quello che pareva essere uno strano albero avrebbe anche potuto essere una persona, magari un brigante...ma si tratta solo di ricordi confusi, quasi fosse un brutto sogno...e di colpo eccola nuovamente al Borgo, come tele-trasportata (un raggelante sorriso si impossessa a questo pensiero delle sue labbra: in questo modo si narra si spostino le streghe...)
  Ma ora che importa, Antonia non ha tempo per perdersi dietro a sentimenti come paura o sgomento: gli uomini sembrano avere occhi solo per lei!
  Sembra non curarsi neppure più del freddo pungente, mentre – con mossa audace e seducente – si libera dello scialle, e va a mostrare una scollatura inspiegabilmente più profonda di quella dell'abito che aveva indossato al mattino.

 Nel pomeriggio Anna va a farle visita, ma al posto dell'amica d'infanzia, divenuta una donna devota al marito e angelo del focolare, trova un'Antonia sconosciuta, intrisa di lussuriosa lascivia, e vestita (se così si può dire, dati gli abbondanti centimetri di pelle scoperta) con abiti mai visti e sfacciatamente provocanti.
  “Una di quelle”, come vengono definite le donne senza scrupoli che seducono gli uomini – sovente anche quelli sposati o già promessi – per ottenerne in cambio denaro o anche semplicemente scandalose avventure carnali.
  “Una di quelle”, nelle quali alberga il maligno, destinate – giustamente – al rogo.
Proprio “una di quelle” è diventata – incredibilmente ed improvvisamente – Antonia.