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Primavera. Profumo di fiori e brulicare di vita che si risveglia.
Come ad esempio l'orso Bruno, risvegliatosi dal letargo.
Cammina leggero, saltella nel bosco. Fino a quando la sua attenzione non viene richiamata dal tronco di un maestoso albero.
Ed allora Bruno si rizza in piedi, e comincia a strofinare la sua poderosa schiena.
Con la coda dell'occhio, nell'incavo del tronco, nota qualcosa, ed esclama con voce meravigliata: «Un favo! Al suo interno ci sarΓ del succulento miele! Proprio ciΓ² di cui ho bisogno, per rimettermi al mondo dopo il letargo».
E con una zampata, divelte tutto, cominciando a cibarsi.
Le api che riescono, fuggono spaventate.
E venne una calda e soleggiata estate, cui seguì un autunno di cieli grigi, e foglie colorate.
Infine, giunse il mese piΓΉ magico dell'anno: dicembre.
Bruno, bello grassoccio, col pancino bello pieno, si affrettava ad accumulare le ultime riserve, prima del lungo riposo del letargo, sotto la neve.
Γ un mezzogiorno di sole, e Bruno sta mangiando bacche, aspettando un momento piΓΉ propizio per la caccia, quando un'ape va ad infastidirlo.
Bzzz.. Bzzz... Bzzz... Occhi, naso, orecchie. Poi ancora naso, ancora orecchie, ancora occhi. Fino a giungere impertinente sulle labbra. Naso. Nuovamente labbra. Orecchie, occhi, ancora labbra.
Bruno non riesce proprio a cacciarla, Γ¨ arrabbiatissima, e molto determinata.
«Scommetto che non ti ricordi di me!» esclama l'ape, ponendo almeno momentaneamente fine al furente attacco.
Bruno la osserva stordito, incapace di rispondere.
«Hai avuto paura che ti pungessi, eh?»
Bruno fa cenno di sì con la testa, e l'ape depone la determinazione sin lì mostrata, e scoppia a piangere.
«Non, non... Non fare cosΓ¬» le si rivolge Bruno, sempre piΓΉ stupito.
Con imbarazzo, le porge un fiore sopravvissuto fino a dicembre, in quella conca di prato favorevolmente esposta a sud: «Ecco, adesso calmati. E dimmi: chi sei? Dovrei conoscerti?»
«Pia, mi chiamo Pia» risponde l'ape, fra i singhiozzi.
«Pia... Chi?» prosegue Bruno, sempre piΓΉ sgomento.
«Certo! Per te non ha avuto alcun significato quello che hai fatto!» replica piccata Pia.
«Co... Cos'avrei fatto?»
«Ah, niente di che, in effetti - ribatte Pia, con tono sarcastico - hai solo distrutto completamente la nostra casa, il nostro villaggio, la nostra vita!»
Mentre fa per andarsene, Bruno la ferma: «No, aspetta! Spiegami meglio: non sto capendo» _ «La scorsa primavera: ti sei grattato ben bene contro il tronco di un albero, e poi con una zampata hai mandato in fumo il nostro lavoro, i nostri progetti, i nostri sogni. La possibilitΓ per la Regina di generare nuove api» e se ne va, senza piΓΉ voltarsi indietro.
Bruno, rimasto solo, ricorda quel favo divelto al risveglio dal letargo, per degustare il buonissimo miele. Un gesto compiuto decine, forse centinaia di volte, nel quale non riesce a scorgere colpa.
E si dirige a caccia delle ultime prede.
Conclusa la giornata, si avvia nel luogo prescelto per essere la tana che lo ospiterΓ nel suo riposo invernale.
à ben nutrito, non gli manca nulla. Così si mette comodo, pronto a dormire.
Ma... Bruno Γ¨ sempre stato un orso particolare. Ricorda una gioiosa infanzia con la mamma e i fratellini.
Poi, crescendo, le cose si sono fatte piΓΉ complicate: Γ¨ sempre stato un orso piΓΉ riflessivo, e curioso della vita di tutti gli esseri viventi, non si accontentava di essere un orso.
E non si era mai innamorato.
Però Pia... Così diversa da lui, fisicamente. Eppure così sinuosa.
E con quel carattere egualmente determinato e sognatore...
Niente da fare: Bruno non riusciva a prendere sonno.
Quest'anno Bruno aveva scritto la letterina a Babbo Natale molto presto: giunti alle porte dell'estate, un'altra stagione degli amori senza trovare un'orsa per lui, con gli altri orsi che ormai lo prendevano in giro, perchΓ© lui voleva "innamorarsi", a Babbo Natale ha chiesto di trovare finalmente l'amore.
Ed ora Bruno, in preda a quell'euforia totalmente nuova, viene preso dal panico: «Mi sarΓ² mica innamorato di... Di... Un ape?!»
Giunge il mattino, e Bruno Γ¨ deciso piΓΉ che mai: «Sono sempre stato me stesso, in barba alle convenzioni! Ed ora andrΓ² a cercare Pia, e le dichiarerΓ² il mio amore!»
GiΓ : ma come si cerca una piccola ape, in un grande bosco? Bruno stava per farsi cogliere dal panico, ed anche la stanchezza lo attanagliava.
Aveva ormai perso le speranze, ed era pronto a fare ritorno alla tana, quand'ecco arrivare una voce, la piΓΉ soave alle sue orecchie: «Hey orsoooo... Mi stavi cercando?»
Nel vedere Pia, il cuore comincia a battergli forte in petto, ma prova a fare il duro: «Mi chiamo Bruno. Ieri non me l'hai neanche chiesto» _ «Ciao Bruno» risponde Pia, con voce suadente, appoggiandosi leggiadra sulla sua guancia.
Bruno si scioglie, e comincia ad avere paura di un no: «Ecco, ehm... Vedi Pia. Io sono sempre stato un orso un po' particolare e...» Si blocca. Ma Pia, con lo sguardo, lo invita a proseguire.
«Ecco, non la farΓ² tanto lunga: Pia, mi sono innamorato di te».
Pia Γ¨ commossa, senza parole. E Bruno prosegue: «Ho distrutto la tua casa, il tuo villaggio... Ma se lo vorrai, potrai venire a vivere con me, nella mia tana. Sarei l'orso piΓΉ felice del mondo».
«Oh... Io, io... Anche io mi sono innamorata di te!»
Giunge la Notte di Natale, la piΓΉ magica dell'anno.
Bruno e Pia sono felici e innamorati nella loro tana: «Babbo Natale quest'anno mi ha soddisfatto anzitempo: gli avevo chiesto di trovare l'amore, e l'ho trovato. Non potrei desiderare null'altro» _ «Anch'io, anch'io non potrei desiderare nient'altro: sono davvero felice al tuo fianco!» risponde Pia.
Bruno e Pia si guardano a lungo, nel fondo del loro cuore un desiderio c'Γ¨, ma non osano esprimerlo. Bruno la accarezza, e prende coraggio: «Mi avevi detto che a causa mia, la tua Regina non ha potuto fare nascere nuove api. Ecco, se vorrai avere dei figli, li cresceremo qua. Li crescerΓ² come figli miei. Noi orsi solitamente non facciamo i papΓ , ma a me piacerebbe tanto farlo, con te come mamma».
Pia abbassa lo sguardo: «Io... Io sono una semplice ape operaia, non posso avere figli».
A quel punto, nel buio silenzioso della loro tana, irrompe un celestiale suono di campanelli: «Ma sono i campanelli delle renne di Babbo Natale!» esclamano all'unisono.
E poco dopo, sentono mugolare e grattare alla porta della tana. Esce Bruno a controllare: «E tu chi sei?» _ «Mi chiamo Romeo!» _ «E cosa ci fai qui?»
Frattanto, alle spalle di Bruno, incuriosita, giunge Pia, che scorge un bellissimo lupacchiotto. «Fallo entrare - si rivolge al marito - Γ¨ Natale!»
Romeo, colmo di gratitudine, termina il suo racconto: «Mi ha portato qui Babbo Natale! Sono nato la scorsa primavera, ed ero appena uscito dalla tana, quando ho perso tutto il mio branco: mamma, papΓ , fratelli, sorelle, zii... Tutti avvelenati, si dice dagli umani. Io solo mi sono salvato, non ho mangiato di quei Bocconi. E spesso mi sono chiesto il perchΓ©. CosΓ¬, a Babbo Natale ho chiesto una nuova famiglia: volete essere la mia mamma e il mio papΓ ?»
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