Un po' di storia
Se oggi possiamo prendere in mano il nostro smartphone, selezionare il programma giusto, chiedergli come sarebbe il nostro adorato animale domestico in versione umana ed ammirare meravigliati il risultato, dobbiamo fare un salto fino agli Anni Settanta del secolo scorso, quando lo scienziato informatico e docente Joseph Weizenbaum diede vita a Eliza: il più antico programma informatico in grado di intrattenere una vera e propria conversazione, più o meno coerente, con una persona.
Ma le origini dell'intelligenza artificiale, non ancora generativa, ma già dedicata all'apprendimento ed elaborazione dati per svolgere compiti e calcoli complessi, sono addirittura antecedenti, risalendo agli Anni Cinquanta e Sessanta.
Eliza deve il suo nome ad Eliza Doolittle che voleva imparare ad esprimersi in maniere forbita, protagonista della commedia 'Pigmalione' di George Bernard Shaw, che a sua volta discende dal mito narrato da Ovidio.
Subito si presentarono delle incognite, che portarono il Professor Weizenbaun a stopparne lo sviluppo.
Infatti la sua segretaria, che l'aveva visto lavorare allo sviluppo del programma per molti mesi, ed era dunque pienamente consapevole di come si trattasse unicamente di un programma informatico, senza alcuna anima né personalità, un giorno arrivò a chiedergli da sola nella stanza, per parlare con Eliza.
Il rischio era - e forse, è ancora? - quello di lasciarsi coinvolgere emotivamente, arrivando ad antropomorfizzare quello che era, è e rimane semplicemente un programma informatico, che di umano non ha proprio nulla, dunque neppure di empatico.
Chiariamo una cosa: la chiamiamo intelligenza, ma intelligente non è.
La Artificial Intelligence (A.I.) è un ampio campo della tecnologia, che al suo interno vede moltissimi 'sotto campi', ciascuno dei quali, a seconda dell'ambito di utilizzo, svolge dei compiti grazie all'apprendimento di dati, o anche 'esperienze' simulando in questo modo il funzionamento dell'intelligenza umana, ma anche dipendendone strettamente: l'intelligenza artificiale infatti non lavora in autonomia, ma partendo da una complessità di dati precedentemente immessi, o ai quali abbia libero accesso, ed eseguendo i cosiddetti prompt, ovvero i comandi che l'essere umano dà all'intelligenza artificiale, affinché svolga un determinato compito, o comunque funga da ausilio.
Oggi ci concentreremo sulla intelligenza artificiale generativa:
Si tratta di una sottobranca che non è atta a raggruppare, classificare o fare previsioni partendo dai dati esistenti, ma parte da potenti modelli di reti neurali per generare nuovi contenuti, immagini, audio e video, ma anche contenuti scritti, con la capacità di emulare ed anche stravolgere la realtà.
Per intenderci, sono quei programmi con i quali tutti ormai siamo quotidianamente a contatto, in modo attivo o passivo, consapevole ma spesso anche inconsapevolmente: parlo ad esempio di ChatGPT, Gemini, Canva
Quali sono i rischi, e quali le opportunità
Per quanto concerne l'Italia, ad occuparsi delle sfide e delle incognite relative all'uso di questo tipo di tecnologia esiste la Commissione Intelligenza Artificiale per l'informazione, facente parte del Dipartimento per l'informazione e l'editoria, ed è capitanata da Padre Paolo Benanti, teologo e presbitero francescano.
Personalmente, a spaventarmi di più sono proprio le derive nell'ambito della (dis)informazione: come fare di fronte a immagini, audio e video che mostrano una 'realtà' che non è reale? Sarà facile infangare una persona, ma anche facile per una persona difendersi senza merito, appellandosi all'A.I.
E, come in parte già accade, ad avere la meglio, mediaticamente parlando, sarà chi sa cavalcare meglio l'onda, parlando prima, arrivando al cuore delle persone.
Per non parlare del rischio il giorno - ormai molto vicino! - in cui questa possibilità di far credere ciò che non è vero, arriverà fra la gente comune: la possibilità di danneggiare un rapporto di coppia, una persona sul lavoro, e via discorrendo, e la possibilità di 'salvarsi' appellandosi ad un falso, pur essendo colpevoli.
Varrebbe a dire creare una grossa crepa in quella che è la base dei rapporti umani: la fiducia! Che, a differenza della fede, pur avendo la medesima radice, va reiteratamente meritata.
Tuttavia: è corretto che un rischio fermi il progresso?
Direi di no: anche le automobili, se usate in modo scorretto, sono un'arma in grado addirittura di uccidere, senza contare gli effetti legati ad una eccessiva sedentarietà, ed anche all'inquinamento.
Ciò detto, il problema non è l'automobile in sé, piuttosto il cattivo o eccessivo uso che se ne può fare.
Personalmente vedo nell'intelligenza artificiale generativa - in questo articolo ci stiamo concentrando su questo aspetto - una grande risorsa, proprio nell'ambito creativo, artistico e comunicativo del quale personalmente mi occupo.
Certo, va regolamentata bene, intanto perché non crea niente di nuovo, ma va ad attingere in anni e secoli di informazioni e opere d'arte. Dunque, a lungo andare, non creare nulla di davvero nuovo e originale può lasciare un grande vuoto.
E va segnalata! Perché, per fare un paragone, c'è la sera che infornare una pizza surgelata può rivelarsi la soluzione perfetta, ma non va confusa con un piatto di tagliatelle fatte a mano, condite con un ragù casalingo a lunga cottura.
Io personalmente la uso molto per creare immagini, da abbinare ad articoli o post, ma anche per auguri personalizzati: non amo per niente le varie immagini virali, con prompt preimpostato tramite il quale centinaia di utenti pubblicano la loro immagine versione cartone animato, o giocattolo, e simili; perché ciò rappresenta proprio la morte della creatività!
Al contrario delle immagini, o delle grafiche che ho creato, amo proprio la loro unicità, attraverso la quale è possibile riflettere la propria creatività.
A tal proposito ci sono Artisti, come l'astigiano con esperienze espositive internazionali Philip Staniscia, pioniere dell'arte digitale, che oggi vedono la loro produzione artistica incentrata proprio sulle potenzialità dell'intelligenza artificiale.
Mentre l'attualità ci riporta a mirabolanti giustificazioni, ma tranquilli: i programmi di intelligenza artificiale generativa non augurano la morte, non minacciano, e soprattutto non fanno nulla che non venga loro strettamente comandato, anche sapendolo fare nel modo corretto, e non prendono possesso dei nostri profili social.
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